Il copione di vita, come definito dall’Analisi Transazionale, rappresenta l’insieme delle decisioni inconsce prese nell’infanzia in risposta a bisogni fondamentali insoddisfatti. Queste decisioni influenzano il nostro modo di pensare, sentire e agire, spesso in modo automatico e rigido. Ma come si può davvero cambiare un copione di vita? E quali sono le dimensioni coinvolte in una trasformazione autentica?
Secondo la visione proposta da autori contemporanei come Richard G. Erskine, la cura del copione richiede un approccio integrativo, capace di lavorare simultaneamente sul comportamento, sull’esperienza intrapsichica e sulla memoria corporea. Ogni trasformazione profonda implica una sinergia tra questi livelli, che si influenzano reciprocamente nel processo terapeutico.
La trasformazione comportamentale: più che un cambiamento visibile
L’Analisi Transazionale classica, come proposta da Eric Berne, enfatizzava il cambiamento comportamentale come indicatore principale dell’evoluzione dal copione. Tuttavia, come ricorda Erskine:
“Il cambiamento comportamentale non è sufficiente se non è accompagnato da un riconoscimento empatico dell’esperienza interna del cliente”
(Erskine, Moursund & Trautmann, 1999, “Beyond Empathy”).
Modificare il comportamento può aprire la porta a nuovi modi di relazionarsi, ma se questo cambiamento non è radicato in una trasformazione emotiva e corporea, rischia di rimanere superficiale o temporaneo. Ad esempio, una persona può imparare a esprimersi in modo più assertivo, ma se il sentimento profondo di “non essere ascoltata” non viene riconosciuto ed elaborato, il nuovo comportamento non porterà a un reale benessere.
Il livello intrapsichico: il lavoro su emozioni e credenze
Erskine sottolinea con forza l’importanza della sintonizzazione affettiva nel processo terapeutico. Lavorare a livello intrapsichico significa contattare e dare voce ai sentimenti repressi legati alle decisioni di copione, e riconoscere le credenze limitanti che ne sono derivate.
“La psicoterapia efficace richiede l’accesso a quei sentimenti soppressi e la riformulazione delle decisioni di sopravvivenza che una volta erano funzionali, ma che ora limitano la vita del cliente”
(Erskine & Zalcman, 1979).
Queste emozioni represse, spesso cristallizzate nel tempo, creano una tensione interna che influenza il comportamento e la visione del mondo. Attraverso la relazione terapeutica, il cliente può gradualmente rilasciare questi vissuti, sviluppando una nuova narrativa di sé fondata sulla consapevolezza e l’autoaccettazione.
Il corpo come archivio del copione
Uno degli aspetti più originali dell’approccio integrativo è il riconoscimento del ruolo centrale del corpo nella formazione e nel mantenimento del copione. Nei primi anni di vita, prima dello sviluppo del linguaggio e talvolta anche successivamente, il corpo reagisce ai traumi e ai bisogni insoddisfatti con risposte fisiologiche autoprotettive, che possono cristallizzarsi in tensioni muscolari croniche, posture difensive e blocchi energetici.
“Il corpo ricorda. La memoria implicita di esperienze non verbalizzabili è incorporata nel tessuto stesso dell’essere”
(Erskine, 1997, “Integrative Psychotherapy in Action”).
Questo concetto è in sintonia con le scoperte neurobiologiche di autori come Bessel Van der Kolk, secondo cui il trauma lascia tracce nel sistema nervoso autonomo e nelle strutture corporee, influenzando il comportamento ben oltre la consapevolezza cognitiva.
Erskine introduce il concetto di copione corporeo, evidenziando come molte difficoltà emotive e relazionali abbiano una componente fisica non risolta. Interventi come il tocco terapeutico, la respirazione consapevole, il rilassamento guidato e la terapia bioenergetica possono facilitare il rilascio delle memorie corporee e aprire nuovi spazi di esperienza.
L’interconnessione dei livelli: la danza del cambiamento
Uno dei concetti più potenti dell’approccio integrato è quello di interconnessione tra i livelli: un cambiamento a livello cognitivo può influenzare la postura corporea; il rilascio di una tensione muscolare può liberare emozioni sopite; l’espressione emotiva può ridefinire credenze radicate.
Erskine parla di “esperienza integrativa correttiva”, cioè di momenti terapeutici in cui il cliente vive un’esperienza affettiva nuova, sintonizzata e riparativa, che sostituisce la decisione copione originaria. Questi momenti, quando sono vissuti pienamente in corpo, emozione e mente, rappresentano snodi trasformativi profondi.
Quando il copione ritorna: il segnale del “riciclo”
Il fenomeno del “riciclo” – ovvero il ritorno al copione dopo apparenti progressi – è, secondo Erskine, un segnale da ascoltare con attenzione. Spesso indica che un livello dell’esperienza non è stato ancora contattato o elaborato pienamente.
“Quando il comportamento recidiva, non è segno di resistenza, ma di una parte del sé che non ha ancora ricevuto abbastanza empatia, contatto o riconoscimento”
(Erskine, 2015).
Questo richiede al terapeuta di sospendere il giudizio, e al cliente di sviluppare una crescente compassione verso le proprie modalità di sopravvivenza.
Verso una psicoterapia integrata e umana
La cura del copione, nella visione di Erskine e dell’Analisi Transazionale contemporanea, non è un processo meccanico, ma un viaggio di riconnessione. Corpo, emozioni e pensiero non sono compartimenti stagni, ma aspetti intrecciati dell’identità umana. La guarigione accade quando tutti questi livelli sono accolti, ascoltati e trasformati in una relazione reale, empatica e rispettosa.
Come scrive Erskine:
“L’integrazione non è solo un obiettivo della terapia: è il cuore stesso della crescita umana.”
(Erskine, Moursund & Trautmann, 1999).
Letture consilgiate
- Erskine, R. G., Moursund, J. P., & Trautmann, R. L. (1999). Beyond Empathy: A Therapy of Contact-in-Relationship. Brunner-Routledge.
- Erskine, R. G. (1997). Integrative Psychotherapy in Action. Sage.
- Erskine, R. G., & Zalcman, M. J. (1979). The Racket System: A Model for Racket Analysis. Transactional Analysis Journal.
- van der Kolk, B. (2014). The Body Keeps the Score. Viking.
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