Il burnout è una sindrome legata allo stress cronico sul lavoro che sta diventando sempre più rilevante nel contesto lavorativo moderno.
Descritto per la prima volta da Herbert Freudenberger nel 1974, il termine “burnout” indica un esaurimento profondo e persistente che può colpire chi è costantemente esposto a stress elevato e prolungato. Herbert Freudenberger definì il burnout come una risposta fisiologica e psicologica allo stress cronico, un processo che si sviluppa gradualmente e che minaccia la capacità di un individuo di far fronte alle proprie responsabilità quotidiane, sia emotivamente che fisicamente.
Il fenomeno è stato ulteriormente elaborato dalla psicologa Christina Maslach, che nel corso degli anni ha definito e codificato il modello del burnout, suddividendolo in tre componenti principali: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e riduzione della realizzazione personale. Questi elementi indicano che il burnout non è una semplice stanchezza, ma un fenomeno che compromette profondamente la motivazione e l’efficacia del lavoratore, portandolo a sviluppare una visione cinica e distaccata del proprio ruolo.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il burnout è stato recentemente riconosciuto come un “fenomeno occupazionale”, legato al contesto di lavoro e agli effetti deleteri che ambienti stressanti e lavorativi non sostenibili possono avere sulla salute mentale dei dipendenti. Il riconoscimento del burnout come condizione psicologica di rilevanza globale ha spinto alla necessità di affrontare questo problema da una prospettiva aziendale, economica e sociale. Le sue ripercussioni non solo mettono a rischio la salute dei lavoratori, ma anche la competitività e la stabilità delle organizzazioni.
La Diffusione del Burnout e il Suo Impatto
Oggi, il burnout è considerato una delle principali cause di disagio psicologico tra i lavoratori. Studi internazionali, tra cui il rapporto Eurofound (2019), suggeriscono che il 65% dei lavoratori in Europa soffre di stress lavoro-correlato, un dato che evidenzia la crescente diffusione del fenomeno. In particolare, il World Health Organization (2019) ha previsto che il burnout diventerà la prima causa di assenteismo entro il 2030, un segnale allarmante che richiede un’azione urgente a livello globale.
Il Rapporto dell’American Psychological Association (APA) indica che ogni dipendente in burnout può costare alle aziende fino a 15.000 € all’anno, in termini di assenteismo, calo della produttività e ricambio del personale. Le organizzazioni devono fare i conti con un fenomeno che non solo compromette il benessere dei dipendenti, ma anche la loro capacità di essere produttivi, influenzando la stabilità a lungo termine dell’impresa.
Il Ruolo Cruciale delle Aziende
La letteratura scientifica conferma che il burnout è fortemente legato alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e alle dinamiche aziendali. La ricerca di Maslach e Leiter (2016) ha messo in evidenza che le aziende con una cultura organizzativa negativa e carichi di lavoro eccessivi sono più suscettibili alla diffusione del burnout. Al contrario, le aziende che promuovono un ambiente sano, inclusivo e di supporto psicologico sono in grado di ridurre significativamente il rischio di burnout.
Le ricerche di Gallup (2020) evidenziano che circa il 23% dei lavoratori dichiara di essere “burnout” a causa di carichi di lavoro eccessivi e aspettative non realistiche. Le aziende più evolute hanno già iniziato a integrare la psicoterapia nei loro programmi di welfare come strumento per migliorare il benessere dei dipendenti e ridurre i tassi di burnout. Offrire supporto psicologico non è solo una questione di benessere individuale ma una questione di sostenibilità umana.
La Necessità di Agire a Livello Sociale e Aziendale
Le evidenze scientifiche suggeriscono che il burnout non può essere affrontato come un fenomeno individuale, ma deve essere visto come una questione che riguarda la collettività, le politiche aziendali e a un livello più alto le istituzioni. Le aziende, oltre ad adottare misure per ridurre il carico di lavoro, devono offrire ai dipendenti la possibilità di prendersi cura del loro benessere mentale.
Harvard Business Review (2019) suggerisce che le aziende che investono in programmi di salute mentale vedono una riduzione significativa del burnout tra i dipendenti, con un miglioramento generale delle performance aziendali. Questi programmi non solo prevengono il burnout, ma migliorano anche la motivazione, l’engagement e la produttività complessiva, creando un ambiente di lavoro più sano e sostenibile.
L’Importanza di “Ascoltarsi”
Il burnout è spesso un fenomeno che si sviluppa in modo silenzioso, e la maggior parte dei lavoratori non è consapevole come leggere i primi segnali di allarme. Prendersi del tempo per sé, per riflettere e ascoltarsi, è fondamentale per prevenire il burnout.
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Fonti:
- Freudenberger, H. J. (1974). Staff burnout. Journal of Social Issues, 30(1), 159-165.
- Maslach, C., & Leiter, M. P. (2016). Understanding the burnout experience: Recent research and its implications for psychiatry. World Psychiatry, 15(2), 103-111.
- World Health Organization. (2019). Burn-out an “occupational phenomenon”: International Classification of Diseases.
- Gallup, Inc. (2020). State of the Global Workplace. Gallup.
- American Psychological Association (APA). (2020). The Cost of Burnout and Its Impact on Organizational Performance.
- Eurofound (2019). Stress work-related: Data from European Working Conditions Survey.
- Harvard Business Review (2019). Why Companies Are Investing in Mental Health Programs.
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