Approfondimento in diretta su Radio24
con la dott.ssa Anna Giorgia Carollo
Psicologa, Psicoterapeuta e Co-founder IOOKhttps://www.radio24.ilsole24ore.com/
Nel linguaggio contemporaneo, il termine “procrastinazione” è spesso associato a inefficienza, pigrizia o mancanza di responsabilità. Ma è davvero così? Rimandare un compito può anche essere una strategia funzionale, una difesa psicologica o un segnale di ascolto interiore.
Studi recenti dimostrano che circa il 20–25% degli adulti nel mondo industrializzato sono procrastinatori cronici (Steel, 2007). Nel contesto lavorativo, ciò può avere impatti significativi sulla produttività, ma anche – se analizzato più a fondo – può rivelare conflitti interni tra bisogni autentici e regole interiorizzate.
Funzionale o disfunzionale? Due volti del rimandare
Procrastinare non è sempre sinonimo di inefficienza. Secondo la psicologa clinica Fuschia Sirois (2016), “procrastinare può essere una strategia per regolare temporaneamente lo stress o l’ansia associati a un compito”. In questo senso, il rimando è funzionale quando:
- Rappresenta una scelta consapevole per preservare energie fisiche o mentali.
- È inserito in una logica di prioritizzazione sana.
- È dettato da un ascolto rispettoso di sé, come quando decidiamo di non lavorare la domenica per ricaricarci.
Diventa invece disfunzionale quando è il risultato di evitamento, ansia da prestazione o paura del giudizio. Come ricorda anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale, la procrastinazione spesso emerge da uno squilibrio tra la voce del “dovere” e i bisogni del Sé autentico.
“Devo” o “scelgo”? L’importanza del dialogo interno
Un passaggio cruciale per trasformare il rimandare in consapevolezza è porsi domande come:
- “Devo per chi?”
- “Che cosa mi dico se non lo faccio?”
- “È davvero urgente o solo imposto?”
Le neuroscienze comportamentali hanno mostrato che la procrastinazione è legata a una ridotta comunicazione tra la corteccia prefrontale dorsolaterale (coinvolta nel controllo esecutivo) e l’amigdala (coinvolta nelle emozioni e nel senso di minaccia) (Tuckman & Schouwenburg, 2004). In questo senso, lavorare sulla propria narrativa interna può facilitare una maggiore coerenza tra azione e intenzione.
Procrastinazione non è pigrizia: dati e distinzioni
È importante distinguere la procrastinazione dalla pigrizia. Come sottolineato da Steel (2007), la procrastinazione è un comportamento attivo di evitamento, non passività. Pigrizia implica invece una mancanza di interesse, motivazione o energia.
Comportamento | Origine | Conseguenza |
Procrastinazione | Conflitto tra “devo” e “voglio” → ansia e controllo | Rimando attivo |
Pigrizia | Apatia, perdita di senso → svalutazione del Sé | Inazione passiva |
Diritto alla disconnessione: una tutela psicologica necessaria
Nel 2017, l’Italia ha introdotto il diritto alla disconnessione nella Legge n. 81 sul lavoro agile. Tuttavia, la sua applicazione è ancora lasciata alla contrattazione aziendale. In assenza di linee guida precise, molti lavoratori sentono la pressione di rispondere a email anche la sera o nel weekend.
Secondo un’indagine Eurofound (2021), le aziende che implementano con successo il diritto alla disconnessione registrano minori livelli di burnout, migliore equilibrio vita-lavoro e maggiore soddisfazione lavorativa.
Continuare a lavorare la domenica o la sera tardi, anche quando “non serve”, è spesso sintomo di un legame identitario con la produttività. Ed è qui che entra in gioco il concetto di valore personale: sono ok anche se oggi non produco nulla?
Verso una cultura dell’autonomia e dell’ascolto
La vera trasformazione passa dall’autonomia. La procrastinazione può essere il campanello d’allarme che ci invita a:
- Ascoltare le emozioni (rabbia, stanchezza, paura)
- Rivalutare strategie apprese nel passato che oggi non funzionano più
- Riconoscere il nostro valore indipendentemente dalla performance
Tutto questo in accordo con Brené Brown scrittrice del “dono dell’imperfezione” sostenitrice della vulnerabilità. Le sue parole: “le persone resilienti non sono quelle che si impongono di fare sempre tutto, ma quelle che hanno imparato ad ascoltarsi e ad agire da uno spazio di integrità”
Rimandare per stare in ascolto e scegliere
In una cultura che valorizza l’agire immediato, il rimandare può apparire come una debolezza. Ma, se accompagnato da consapevolezza, può diventare un atto rivoluzionario di autonomia.
Rimandare non sempre è evitare. A volte è scegliere. E scegliere, soprattutto in azienda, significa anche saper dire no, mettere confini, rispettare il proprio tempo.
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